giovedì 11 febbraio 2010

Alexander Langer: La sua LOTTA CONTINUA?

Presente quel modo di dire un po' tamarro: ”Ue, ma sei troppo avanti!”
Ecco, questa è la storia di uno che è sempre stato “troppo avanti” rispetto al tempo che viveva e viviamo.
E' la storia uno spilungone occhialuto che veniva dalle valli dell'Alto Adige: terra di confine perciò bastarda per antonomasia. E un pochino bastardo, naturalmente, lo era anche lui: babbo viennese ebreo, mamma italiana e cattolica, che convolarono a nozze con immenso giubilo della cittadinanza locale, vagamente turbata dal secondo conflitto mondiale che aveva visto il Duce italianizzare coattamente la provincia di Bolzano obbligando generazioni di “crucchi” a parlare l'idioma dantesco ed importando italianissima mano d'opera dalle zone più depresse della penisola.

Fatto sta che questi borghesi intellettuali (troppo avanti pure loro) decisero di sfidare “la normalità” che voleva che la creatura di sangue viennese venisse iscritta alla scuola tedesca! Sì perché al termine del secondo conflitoo mondiale, per tutelare la minoranza e la cultura “autoctone” vennero istituite scuole riservate ai tedeschi e scuole riservate agli italiani.
Riminiscenze da “salvaguardia della razza”? Magari solo paura di perdere le proprie radici...
Insomma, il piccolo Alex venne spedito tra gli italiani (o più affettuosamente “Walsche”) ad imparare l'italiano!!!
ma come se non bastasse, e per creare ancor più confusione nel giovane ancora poco indottrinato, al termine della terza media, i genitori, lo spedirono al liceo in lingua tedesca!!
Uno sballottamento culturale e linguistico da non credere! Forse per questo motivo il giovane decise di continuare gli studi a Firenze mantenendosi come traduttore e giornalista. Si narra che negli ambienti intellettuali avesse conosciuto anche Don Lorenzo Milani, per il quale tradusse in tedesco il libro Lettera ad una professoressa.
Lungo le rive dell'Arno, negli anni in cui in Alto Adige alcuni “attivisti”, ancora incazzati per le vicissitudini del Fascistissimo Ventennio, piazzavano bombe sotto i tralicci, questo giovane studente poliglotta spinto da ideali cattolici e piuttosto vicino alla sinistra, si avvicinò prima alla Federazione Unitaria Cattolica Italiana e poi agli extraparlamentari di Lotta Continua.
Un fottuto cattocomunista che predicava la tolleranza, la convivenza, il dialogo e l'incontro con l'altro! Robe da matti!!
Tornato a Bolzano iniziò ad insegnare al liceo, sempre impegnato politicamente spinto dall'ideale che in Alto Adige l'unica soluzione ai conflitti potesse essere la convivenza tra i gruppi linguistici.
La convivenza in Alto Adige??? Non sia mai!!
Era tutto ciò contro cui si impegnavano tutti i partiti locali!
Da una parte gli autonomisti della Volkspartei, che iniziarono con un Los von Rom (Via da Roma...altro che Leghisti!!) , per poi moderarsi con un più eufemistico “Los von Trient”.
Dall'altra il Movimento Sociale Italiano, che invocava l'autorità statale e promuoveva il rifiuto della lingua e delle tradizioni locali che si erano sviluppate solo nel corso di qualche centinaio di anni. Quelli del “Siamo in Italia(A), quindi(+) si parla l'italiano(B)” per intenderci: forma decisamente più complessa del pensiero fascista, perché capace di coordinare due proposizioni semplici (A,B) con l'ausilio di una congiunzione (+)!!

L'idea di Alex era tanto semplice quanto innovativa e pericolosa: costruire dei ponti.
Nel senso metaforico del termine, naturalmente ( anche lui pensava che quello sullo stretto di Messina fosse una stronzata!).
Costruire dei ponti per superare la conflittualità.
Scrisse “Sul mio ponte si transita in entrambe le direzioni e sono contento di poter contribuire a far circolare idee e persone”.
Un utopista!
Un utopista che credeva che le conflittualià in Alto Adige (ma non solo) si potessero superare attraverso la conoscenza, la tolleranza, il rispetto reciproci.
A cavallo degli anni di piombo, abbandonata LC per prendere le distanze dalle frange più estreme e violente, e dopo un soggiorno di qualche anno in Germania dove ebbe modo di studiare il pensiero politico della sinistra europea e del movimento dei Verdi (die Gruene), tornò a Bolzano e divenne membro della Giunta Provinciale.
Proprio in quel periodo, da Roma, arrivò la decisione che per risolvere l'annosa questione (era il 1981 e l'Alto Adige aveva anticipato motti leghisti e le bombe per “trattare” con lo Stato) era indispensabile dichiarare la propria appartenenza etnico-linguistica all'anagrafe in base alla quale era possibile accedere ai concorsi nell'amministrazione pubblica, che riservava in modo proporzionale alle dichiarazioni anagrafiche, un certo numero di posti per ciascun gruppo linguistico.
Esempio: bando per l'assunzione di 10 infermieri all'ospedale
7 posti riservati al gruppo liguistico tedesco
3 posti riservati al gruppo linguistico italiano
1 posto riservato al gruppo linguistico ladino
Per “preservare” e salvaguardare la “minoranza” (chiedo venia per l'innesto politco e poco moderato)tedesca, tutto ciò è ancora così.
Alex rifiutò sempre di dichiarare la propria appartenenza, cosa che gli costò inizialmente il posto a scuola, e qualche anno più tardi la possibilità di candidarsi a sindaco di Bolzano.

Ma quel matto continuava a prodigarsi: fu tra i fondatori dei Verdi in Italia ( e pure tra quelli tentò di mettere pace!) e con loro divenne membro del Parlamento Europeo per ben due legislature; fu tra gli organizzatori del Forum per l'ambiente di Rio de Janeiro, Movimento Nonviolento, finanziatore della Casa per la nonviolenza di Verona e obiettore alle spese militari.

La “questione Altoatesina” per Alex, non era altro che una forma ridotta di conflitti più grandi e poteva essere un laboratorio di convivenza: fu lui tra gli osservatori delle prime elezioni libere in Albania e prese a cuore la siatuazione del conflitto nella ex-Yugoslavia, dove si recò in diversi viaggi istituzionali e non, finanziati col suo stipendio da parlamentare, col quale organizzava anche movimenti pacifisti in diversi ambienti.

Un utopista, che visse della sua utopia tutta la vita. Un politico per vocazione, che morì assieme ai fallimenti politici di un Alto Adige tutt'oggi diviso e ai genocidi nella Ex-Yugoslavia.
Un utopista che criticava il sistema creando alternative. Un politico, come non se ne vede più in giro. Stimati dagli avversarsi anche se forse, mai temuto (era pur sempre un Verde!).

Alexander Langer Si impiccò ad un albicocco, nel 1995. Aveva 49 anni.

Adriano Sofri nella sua commemorazione disse: “Se avessi di fronte a me un uditorio di ragazze e ragazzi, non esiterei a mostrar loro com’è stata bella, com’è stata invidiabilmente ricca di viaggi, di incontri, di conoscenze, di imprese, di lingue parlate e ascoltate, di amore la vita di Alexander. Che stampino pure il suo viso serio e gentile sulle loro magliette. Che vadano incontro agli altri con il suo passo leggero e voglia il cielo che non perdano la speranza.”

Se questo post non è tradotto ancora in tedesco è perchè la sua lotta deve continuare.
Ma se esiste questo post è perchè c'è qualcuno che ancora nella sua lotta crede e spera che oggi, i tempi, non siano ancora troppo giovani.

lunedì 8 febbraio 2010

A caccia di grilli e serpenti



Oggi mi sono sentita dare della matta. Non è mica la prima volta, e direi che porto l'appellativo con una punta di orgoglio. Il mio ex, dalla deliziosa cadenza romanesca, mi chiama affettuosamente “a matta”. Salvo scordare che quando stavamo insieme usava farcire le discussioni con uscite meno eufemistiche del tipo: “Ma te devi fa' curà da uno bbravo però!”.

Fatto sta che la risposta odierna alla domanda “ma in che senso matta?” E' stata piuttosto vaga e confusa. Il concetto di base, però, pare essere l'imprevedibilità, l'essere fuori dalla normalità, ergo: essere fuori dagli schemi, dalle norme, dalle regole.
Chi abbia stabilito poi, quali siano le norme e se esse siano giuste o meno, è ancora da chiarire.

Il fidatissimo etimo.it mi fa derivare il termine dal provenzale matou: vano, stolto, demente. Ma anche dal gotico medus, ovvero inebriante. A seguire quindi, i termini ubriaco e folle.
Il participio passato della parola finlandese meiddr, significa invece urtare.
E ancora ubriaco, insensato.

Il matto, quindi, etimologicamente parlando, sarebbe colui che, con atteggiamento ubriaco, insensato, va ad urtare, a cozzare.
E urta eccome! Il matto urta i nervi, la nostra capacità di sopportazione, il “normale” corso delle cose che tanto ci tranquillizza.

Il matto urla quando ci hanno insegnato che nn si deve urlare, il matto dice cose, a nostro parere, senza senso, il matto si arrabbia quando a noi sembra tutto così ovvio, così naturale. Il matto dice cose non solo senza un senso apparente, ma inaudite!
E l'inaudito è anzitutto il “mai udito”, qualche cosa, forse, che spesso non vogliamo ascoltare, non vogliamo neppure sentire!
E il “normale” è la norma, la regola. E si sa, chi contravviene alle “regole” non fa parte della società a cui appartiene.
Il matto è il primo anarchico perchè delle regole se ne fotte (No, Berlusconi non è assimilabile a tale definizione perchè lui, le regole, se le fa pure pubblicare in Gazzetta).
Il matto è colui che ha capito che le regole, forse, possono essere messe in discussione.

Il matto, nei tarocchi, è spesso raffigurato come un giullare. Il fool.
E chi, nel teatro shakespeariano, può permettersi, attraverso un linguaggio acuto e l'alibi della “recita” di smascherare, criticare e sbeffeggiare le prassi e le ipocrisie della corte? Di insinuare dubbi non solo nei personaggi (regnanti), ma anche nel lettore/spettatore?

Non per niente, in un mondo in rovina come la corte/mondo di Elsinore, non rimangono che le ossa del fool di corte. Il teschio di Yorik è tutto ciò che resta della capacità di critica nella società, ormai corrotta. Visione apocalittica: immaginate un mondo senza satira? Immaginate un mondo senza capacità di critica? Immaginate un mndo senza Zelig (mi spiace, Satyricon di Luttazzi non è più disponibile come esempio convincente)? Fose però anche in questo mondo, la critica ha i suoi modi, i suoi tempi, le sue categorie già istituzionalizzate. Non per niente Lenny Bruce fu arrestato diverse volte e diverse volte venne preso per “matto, a dire certe cose!”.
Daniele Luttazzi è matto.

E il matto del villaggio, quello che vaga per la città parlando da solo, magari con una giacca militare troppo larga per le sue spalle gracili e dei pantaloni in pile che non arrivano alle caviglie?
Sì veste di merda, ok. Ma se a lui andasse bene così? Se a lui non fregasse nulla del monopetto Armani o della giacchina nera con la fascetta rossa? E magari ciò che ha da dire non è affatto sciocco, senza senso.

E la matta che esplode in grida isteriche per chissà quale reazione emotiva e sveglia tutto il vicinato? Ed è normale che poi si scappa, perchè ci hanno insegnato a non urlare, a dire le cose che pensiamo con calma. E se fossimo noi, gli stronzi, che non capiscono proprio quello che la matta vuole dirci? E allora è naturale che esploda.

De Andrè cantava “Tu prova ad avere un mondo nel cuore - e non riesci ad esprimerlo con le parole”. No, non si tratta di una canzone d'amore, non nel senso pop del termine se non altro.
Il sottotitolo di questa canzone è “Dietro ogni scemo c'è un villaggio”.

Dietro ogni matto c'è la società ed il suo insieme di regole che lo definiscono tale.
Chissà cosa direbbe la persona che stasera mi ha definita matta, se sapesse che in aula studio ci andavo in pigiama!

domenica 7 febbraio 2010

Tanto per mettere in chiaro una cosa



faccio parte di quella schiera di donne che crede di attuare un effetto catartico appuntando le proprie vicende personali in modo arguto e brillante su di un blog.

Una delle milioni di "Bridget Jones" (si ringrazia l'ottimo Daniel per l'interpretazione del topos filmico), che vorrebbero rendere innocue le conseguenze di un karma incazzatissimo, facendoci su quattro risate.
Ma anche una delle tante che ormai vede l'improbabile attenzione di un ignoto internauta disattento e disadattato, decisamente più appagante (e meno umiliante) della totale indifferenza dell'ex, al quale vengono inviati copiosi sms giornalieri dal contenuto più variegato: insulti, suppliche, minacce, consigli per l'herpes genitale, saluti dal fratello.

Ebbene sì, sono l'ennesima sfigata che crede di trovare un fottuto avvocato per i diritti civili, magari pure superdotato e sensibile, nonostante i fatti abbiano ampiamente dimostrato che certe cose accadono solo nel mondo dei ... gay.

Apoteosi della banalità, ehmbè?

Dimenticavo!Fabri Fibra mi fa cacare